Le Scienziate delle Sezioni

Anche per il 2023 il CPO della SIF, sulla scia delle attività promosse per le scorse edizioni del Congresso SIF, propone nuove Scienziate a rappresentare le Sezioni del Congresso SIF 2023.

Questa attività si inserisce tra le azioni che nell’ambito della cura delle eguaglianze di genere, vengono definite di “mentoring”, che servono cioè a creare quelle figure di riferimento, così importanti soprattutto per i giovani quando si effettuano delle scelte per il futuro. Proponiamo quindi esempi di donne che si sono distinte nel campo scientifico e nella fisica in particolare, che possono essere di stimolo ed emulazione alle nuove generazioni per intraprendere questi studi e queste carriere.

Il CPO ha quindi selezionato, tra le tante possibili, una scienziata per rappresentare ogni sezione del Congresso, basandosi su alcuni criteri guida. Ovvero scegliendo con preferenza tra le italiane, che per questo sono presenti in maggioranza, tra quelle che hanno dato un contributo significativo nel campo di studio di riferimento della sezione corrispondente e, infine, che abbiano avuto maggiori difficoltà ad affermarsi proprio a causa di motivazioni di genere, cioè per il solo fatto di essere donna.

Le Sezioni avranno quindi come icone queste scienziate, per le quali il CPO ha curato anche delle schede biografiche a testimonianza di quanto detto.


Augusta Manfredini

Augusta Manfredini (Roma, 29 maggio 1916–Roma, 31 luglio 1995)
Sezione 1: Fisica nucleare e subnucleare

Augusta Bruna Colomba Manfredini nacque a Roma il 29 maggio 1916, da Giovanni e da Anaide Grassi, entrambi laureati in matematica a Pisa nel 1899. Conseguita la maturità scientifica a Roma nel 1934 con una media altissima, ottenne una borsa di studio, confermata per tutti gli anni del corso universitario. Si laureò in matematica e fisica a Roma il 4 luglio 1938, e ottenne la laurea in fisica pura il 16 novembre 1939, con il massimo dei voti. Divenne professoressa di ruolo di matematica e fisica presso istituti magistrali dal 1939 al 1967. Nel 1939, appena vinto il concorso, fu assegnata ad Anagni, dove insegnò fino al 1946. Insegnò poi all’istituto magistrale di Tivoli, e all'Istituto magistrale "Regina Margherita di Savoia" a Roma. Nell'ottobre 1946 ottenne dal Ministero della Pubblica Istruzione l’assegnazione provvisoria a Roma per prestare servizio presso il Centro di Fisica Nucleare del CNR (divenuto dal 1952 Sezione di Roma dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), per compiere ricerche nel campo dei raggi cosmici e della fisica nucleare (nel gruppo emulsioni nucleari di Roma).
Partecipò attivamente anche al programma didattico dell'istituto di Roma, insegnando agli studenti di ingegneria, di matematica e di fisica. Fu assistente volontaria alla cattedra di fisica sperimentale dal 1951 al 1954, anno in cui ricevette il premio "Augusto Righi" della SIF. Dal 1954 fu assegnata all’Università di Roma, e fu incaricata di esercitazioni di matematica dal 1954 al 1959, poi comandata a fisica sperimentale I e II dal 1961 al 1967. Nel 1955 aveva conseguito la libera docenza in fisica nucleare, e nel 1960 venne nominata rappresentante dei fisici italiani presso il Comitato delle Emulsioni nucleari al CERN.
Vinta finalmente la cattedra universitaria, nel 1967 divenne straordinaria di fisica generale a Messina. Dal febbraio 1967 all'ottobre 1970 fu direttrice dell’istituto di fisica di Messina, e nel 1968–1969 fu anche direttrice della sottosezione di Messina dell'INFN. Divenuta ordinaria dal febbraio 1971, passò alla seconda cattedra di fisica a Roma a partire dal 1 novembre 1974.
Fu assai attiva nel campo della ricerca sperimentale, occupandosi di emulsioni nucleari e raggi cosmici (mesoni pesanti e iperoni), di annichilazione antiprotoni-antiprotoni, di misura del momento magnetico dell'iperone Ξ+, di conservazione della parità nelle interazioni deboli, di fissione dell'uranio e del torio da raggi gamma monocromatici, di tecniche per misure con le emulsioni nucleari.
Fu collocata a riposo il 1 novembre 1991. Morì a Roma il 31 luglio 1995.


Maria Marinaro

Maria Marinaro (Ospedaletto d'Alpinolo (AV), 29 settembre 1933–Napoli, 12 maggio 2009)
Sezione 2: Fisica della materia

Maria Marinaro nacque ad Ospedaletto d'Alpinolo (AV) il 29 settembre 1933. Si laureò in fisica presso l'Università degli Studi di Napoli nel 1956 e qui conseguì il diploma di perfezionamento in fisica teorica e nucleare nel 1959.
Fu assistente universitario all'Università degli Studi di Napoli dal 1959 al 1976, professore straordinario di meccanica statistica all'Università degli Studi di Salerno dal 1976 al 1979 e sempre in quest’ateneo dal 1979 al 1992 professore ordinario di meccanica statistica. Nel 1993 la nomina a professore ordinario di fisica teorica, carica ricoperta fino al 2008. Maria Marinaro iniziò, subito dopo aver concluso gli studi, nel 1959, la sua attività di ricerca, presso l'istituto di fisica teorica dell'Università degli Studi di Napoli, nel gruppo di ricerca di teoria dei campi guidato dal Professor Eduardo R. Caianiello. Il primo argomento di ricerca fu la rinormalizzazione nella teoria dei campi, di grande interesse a quell'epoca. Dopo qualche anno il suo interesse si rivolse allo studio delle proprietà dei sistemi a molti corpi e guidò un gruppo di ricerca per l'applicazione delle tecniche di teoria dei campi a questi sistemi. Il gruppo di lavoro fu tra i primi in Italia ad introdurre il formalismo delle funzioni di Green per sistemi non relativistici. In particolare, fu affrontato il problema della rottura spontanea di simmetria in relazione al processo di condensazione di particelle di Bose (superfluidità).
Dopo un soggiorno di un anno in Inghilterra presso il Queen Mary College di Londra dove collaborò con i Professori G. Sewell e J. Valatin ed una permanenza, con l'incarico di Visiting Professor, nel gruppo di lavoro del Professor J. Klauder presso i Bell Laboratories, New Jersey, USA, nel 1974 Maria Marinaro trasferì la sua attività di ricerca presso l'Istituto di Fisica dell'Università degli Studi di Salerno, dove guidò gruppi di lavoro in vari campi, tra i quali: la dinamica dei sistemi quantistici a temperatura diversa da zero; l'elettrodinamica dei sistemi superconduttivi; proprietà di sistemi di elettroni fortemente correlati. Visitò in modo regolare l'istituto unito per la ricerca nucleare di Dubna dove collaborò con N.N. Bogoliubov jr.
Dal 1986 una parte dell'attività di ricerca di Maria Marinaro fu dedicata allo studio dei sistemi neuronali. Sono analizzate le proprietà dinamiche ed i meccanismi di apprendimento dei sistemi di neuroni e le reti neurali sono applicate per il riconoscimento di segnali ed immagini in vari contesti. Il risultato di questa intensa attività di ricerca fu la pubblicazione di 177 articoli (raccolti in Maria Marinaro Collected Papers, a cura di Roberta Citro, Silvia Scarpetta e Ferdinando Mancini, Gutenberg Edizioni).  Quest'attività di ricerca si sviluppò in un ampio contesto di relazioni e scambi internazionali sostenuti dall’organizzazione e/o dalla partecipazione di Maria Marinaro a Convegni, Scuole, Workshop svoltisi presso prestigiose istituzioni scientifiche sia italiane che internazionali.
Oltre al suo profondo impegno nella ricerca e nella didattica, Maria Marinaro ricoprì numerose cariche accademiche durante la sua prestigiosa carriera. Dal 1966 al 1973 fu responsabile scientifico della sezione teorica di Napoli del GNSM del CNR; dal 1975 al 1978 fu responsabile scientifico della sezione di Salerno del GNSM del CNR; dal 1972 al 1976 e dal 1980 al 1983 fu direttore dell'istituto di fisica della Facoltà di scienze dell’Università degli Studi di Salerno; dal 1976 al 1978 e dal 1983 al 1995 fu preside della Facoltà di scienze dell'Università degli Studi di Salerno; dal 1983 al 1990 fu direttore dell’Unità di Salerno dell'INFM (Istituto Nazionale di Fisica della Materia); nel 1994 fu presidente del consiglio di amministrazione del Parco Scientifico e Tecnologico di Salerno; dal 1993 fino al 2009 fu presidente del consiglio direttivo dell'Istituto Internazionale per gli Alti Studi Scientifici (IIASS) di Vietri sul Mare;  dal 1998 al 2005 fu presidente del consiglio del corso di laurea in fisica presso la Facoltà di scienze dell’Università degli Studi di Salerno.
Maria Marinaro muore a Napoli il 12 maggio 2009.


Henrietta Swan Leavitt

Henrietta Swan Leavitt (Lancaster (USA), 4 luglio 1868–Cambridge (USA), 12 dicembre 1921)
Sezione 3: Astrofisica

Nata a Lancaster, Massachusetts, nel 1868 da una famiglia di solida fede cristiana – il papà era un pastore della chiesa congregazionista – Henrietta ricevette un'educazione decisamente al di sopra della media del tempo nel campo degli studi classici. Nonostante avesse un particolare talento per quelle che oggi si chiamano STEM, si diplomò nel 1888, in Ohio, all'Oberlin Collegiate Institute, famoso per essere stato il primo college statunitense ad indirizzo umanistico ad ammettere le donne.
Quando si iscrisse alla Society for the Collegiate Instruction of Women a Cambridge, dove insegnavano alcuni professori della Harvard University, seguì un corso di astronomia presso l'Harvard Observatory. Il suo talento non passò inosservato: nel 1895, il direttore Edward Charles Pickering le propose di collaborare (come volontaria!) alle sue ricerche, catalogando il maggior numero possibile di stelle in base a posizione, colore e grandezza. Inoltre le fu chiesto di studiare le stelle variabili (così chiamate perché con una luminosità non constante nel tempo), utilizzando gli strumenti della nascente tecnica fotografica. Solo nel 1902 l'Harvard Observatory le diede un impiego vero e proprio ma a soli 30 centesimi l'ora (che corrisponderebbe a poco più di 8 dollari moderni).
Henrietta, menomata da una sordità causata da un’infezione, entrò a far parte del gruppo delle cosiddette "donne computer", diretto da un’altra pioniera dell'astronomia, Williamina Paton Stevens Fleming. Nel progetto di ricerca diretto da Pickering, che mirava a determinare la luminosità di tutte le stelle misurabili con gli strumenti di allora, Henrietta diede un’impronta personale. Nonostante non potesse accedere ai telescopi direttamente (privilegio riservato ai soli uomini) scoprì, esaminando migliaia di lastre fotografiche, 4 stelle novae e circa 2.400 stelle variabili (più della metà di quelle note fino al 1930). Nel 1908 Henrietta segnò una svolta epocale nell'astronomia scoprendo una relazione tra la magnitudine apparente e la durata del periodo di pulsazione in una classe particolare di stelle variabili dette Cefeidi.
I suoi approfondimenti successivi, condotti su 25 Cefeidi della Piccola Nube di Magellano, consentirono la pubblicazione, sull'Harvard College Observatory Circulars, di uno studio dall’importanza cardinale per la comunità scientifica perché offriva la chiave per calcolare la distanza tra la Terra e queste le stelle, nonché tra la nostra galassia e gli oggetti più lontani noti allora.
L'intuizione di Henrietta portò alla scoperta che l’universo era molto più esteso di quanto non si fosse pensato fino a quel momento. In particolare, Edwin Hubble, basandosi sulla relazione tra magnitudine e periodo di pulsazione, dimostrò che le "nebulose a spirale" erano in realtà altre galassie al di fuori della nostra Via Lattea, ponendo così fine ad un annoso dibattito.
Nel 1925 il matematico Gösta Mittag-Leffler, membro dell'Accademia svedese delle Scienze, propose di candidarla per il Nobel per la fisica, ma scoprì che Henrietta era già morta, nel 1921, a soli 53 anni per una grave malattia, poco dopo essere stata nominata capo del Dipartimento di Fotometria da Harlow Shapley, che nel 1921 era diventato il nuovo direttore dell'Harvard Observatory.
Henrietta Swan Leavitt rimase quindi una "donna computer" quasi fino al termine della sua carriera. Ebbe una vita segnata dalla luminosità delle sue stelle e dall'ombra in cui la tennero le convenzioni sociali.
Le hanno dedicato un asteroide e un cratere sulla Luna… sulla faccia nascosta.


Mária Telkes

Mária Telkes (Budapest (Ungheria), 12 dicembre 1900–Budapest (Ungheria), 2 dicembre 1995)
Sezione 4: Geofisica e fisica dell'ambiente

Mária Telkes nacque a Budapest, dove trascorse la sua giovinezza frequentando le scuole elementari e superiori, e successivamente la Eötvös Loránd University dove si laureò in chimica nel 1920. Nel 1924 conseguì il dottorato di ricerca in chimica fisica.
Scossa dagli orrori della Prima Guerra Mondiale, per la quale ci furono molti morti tra gli ungheresi non solo militari ma anche civili, nel 1925 si trasferì negli Stati Uniti con il supporto di un parente, console ungherese a Cleveland, in Ohio.
Fu subito assunta presso la Cleveland Clinic Foundation, dove si dedicò a studi di biofisica, occupandosi dell'energia prodotta dagli organismi viventi e in particolare dei cambiamenti di energia che avvengono all'interno delle cellule quando muoiono o subiscono mutazioni. Qui si realizzò una delle sue prime invenzioni (nel corso della sua carriera avrà più di 20 brevetti), ovvero un dispositivo fotoelettrico che registra le onde cerebrali.
Nel 1937 diventò cittadina americana e lo stesso anno venne assunta alla Westinghouse Electric, società in cui studiò, in qualità di ingegnere di ricerca, il modo in cui convertire l'energia termica in energia elettrica. Nel 1939 entrò a far parte del Solar Energy Conversion Project del MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston e da qui in poi dedicò le sue ricerche allo sviluppo di processi innovativi per l'utilizzo dell'energia solare.
Ebbe l'incarico di collaborare alla costruzione di una abitazione "solare", la Dover House(completata nel 1948), per la quale progettò un sistema di accumulo del calore solare, basato sull'utilizzo di pannelli solari e di solfato di sodio decaidrato. La sua idea di accumulare il calore mediante sali fusi si mostrò efficace e innovativa e diede inizio a una lunga serie di ricerche e applicazioni nel campo.
Durante la Seconda Guerra Mondiale collaborò anche con l'OSRD, Office of Scientific Research and Development, del governo degli Stati Uniti, realizzando alcune invenzioni importanti per le truppe americane. In particolare, progettò un ingegnoso ma semplice sistema per trasformare l’acqua marina in acqua potabile, realizzando un distillatore solare che permetteva di ottenere circa un litro d'acqua potabile al giorno, sufficiente ad assicurare la sopravvivenza di un naufrago. Il sistema, utilizzato su scialuppe di salvataggio salvò molte vite umane.
Un celebre e citatissimo articolo di Mária Telkes, pubblicato nel fascicolo del maggio 1953 della rivista americana Industrial and Engineering Chemistry, espose anche la teoria del funzionamento dei distillatori solari. Gli studi della Telkes stimolarono molte ricerche destinate ad assicurare piccole, ma indispensabili quantità di acqua a piccole comunità isolate.
Negli anni successivi alla guerra Mária Telkes continuò le ricerche sull'energia solare con la sperimentazione di dispositivi basati sull'utilizzazione dell'effetto termoelettrico, realizzando celle termoelettriche ad alto rendimento, specialmente adatte per lampade portatili e frigoriferi.
A lei si deve anche la progettazione di fornelli solari, molto semplici, costituiti da quattro pezzi di lamiera inclinati in modo da riflettere la radiazione solare su una pentola, posta nel "fuoco" di questo semplice collettore. I fornelli solari erano pensati per i paesi poverissimi, in cui si potesse così cuocere il cibo risparmiando l'utilizzo di legno o carbonella.
Dagli anni '70 in avanti svolse poi sempre il lavoro di consulente collaborando con aziende, agenzie governative e startup, contribuendo alla nascita di alcune aziende innovative che oggi sono tra i protagonisti della solar economy.
Dopo una vita trascorsa negli Stati Uniti, Mária Telkes tornò in Ungheria e morì a 95 anni a Budapest.
Ha ricevuto numerosi riconoscimenti: nel 1952, il Premio Society of Women Engineers, come prima donna ingegnere e inventrice; nel 1977, il Premio Charles Greeley Abbot dell'American Solar Energy Society per i suoi studi sull'energia solare; nel 2012 è stata inserita postuma nella National Inventors Hall of Fame, a Washington.
Gli studi ed esperimenti di Mária Telkes, furono sempre orientati a risolvere problemi sociali, utilizzando l'energia del Sole per necessità umane essenziali: acqua potabile, calore, elettricità, luce, soprattutto nei paesi arretrati, con dispositivi realizzabili sul posto.
I suoi studi pioneristici nel campo dell'energia solare, in un'epoca in cui non si parlava ancora così diffusamente di sostenibilità ed energie alternative, hanno contribuito allo sviluppo di numerose tecnologie durante tutto il XX secolo, garantendole l'indiscusso e meritato appellativo di "Regina del sole".


Giovanna Mayr

Giovanna Mayr (Milano, 24 febbraio 1893–Milano, 7 dicembre 1963)
Sezione 5: Biofisica e fisica medica

Giovanna Mayr nacque a Milano il 24 febbraio 1893, da Ottone e da Francesca Vicentini.
Ottenne il diploma dell'istituto tecnico di Milano (sezione commercio e ragioneria) nel 1911, e la licenza fisico-matematica all'istituto tecnico di Milano nel 1914.
Frequentò il Politecnico di Milano dal 1914 al 1916, l'Università di Pavia nel 1916–1917 poi quella di Pisa nel 1917–1918.
Si laureò in fisica a Pisa il 10 luglio 1918 sotto la guida di Luigi Puccianti, con una tesi intitolata "Contributo allo studio delle amalgame". Ottenne il diploma di Magistero il 12 luglio 1918.
Fu ammessa alla Classe di fisica della Scuola di Magistero della Scuola Normale Superiore il 14 marzo 1918. Ad ottobre dello stesso anno si iscrisse alla classe di matematica della Scuola di Magistero della Normale, e nel 1920 ottenne l’abilitazione con lode.
Tra il 1921 e il 1922 effettuò ricerche sperimentali all’Università di Pisa e nel laboratorio di elettrochimica del Politecnico di Milano. Divenne poi insegnante di matematica e fisica nei licei, fu assunta nel novembre 1922. Dal 1928 insegnò al Liceo "Manzoni" di Milano. Fu libera docente di fisica sperimentale a Milano (Facoltà di scienze) a partire dal 1930 e almeno fino al 1943.
Fu anche docente incaricata di fisica sperimentale all'Università di Milano.
I suoi primi lavori sullo studio delle amalgame e sul trasporto di materia nelle leghe metalliche attraversate da correnti continue le valsero nel 1924 il premio "Giuseppe Colombo" per l'elettrofisica, bandito dal Politecnico di Milano. A partire dagli anni Quaranta si interessò al magnetismo e ai suoi effetti nei fenomeni di cristallizzazione e agglomerazione. Si occupò anche di biofisica, in collaborazione con il patologo Pietro Rondoni, studiando proprietà fisiche e caratteristiche delle sostanze cancerogene. Nel campo della medicina nucleare, studiò le tecniche relative all’uso degli isotopi radioattivi e delle emulsioni. Nel 1957 ottenne il premio "Querini Stampalia" per lo studio sugli isotopi radioattivi. All'attività di ricerca affiancò l'impegno didattico nonché quello sociale in qualità di socia attiva della Federazione Italiana Laureate Diplomate Istituti Superiori (FILDIS).
Morì a Milano il 7 dicembre 1963.


Hildred Hunt Blewett

Hildred Hunt Blewett (Ontario (Canada), 28 maggio 1911–Vancouver (Canada), giugno 2004)
Sezione 6: Fisica applicata, acceleratori e beni culturali

"Vi ricordate la notte del 24 novembre 1959? Io certamente.". Così inizia un articolo di Hildred Blewett sul CERN Courier in cui descriveva con forte partecipazione la sera in cui il Proton Synchrotron del CERN iniziò a funzionare accelerando le particelle a 25 GeV!
Hildred Hunt nacque in Ontario nel 1911. Il padre (un ingegnere) supportò il suo interesse per la matematica e la fisica ma, non essendo la famiglia molto ricca, Hildred dovette abbandonare il college per un certo periodo. Questo episodio incise molto su alcune sue scelte future. Nel 1935 si laureò in matematica e fisica a Toronto, andando poi negli Stati Uniti insieme al marito John Blewett per motivi di ricerca. Nel 1938 vi fece ritorno per intraprendere gli studi di dottorato alla Cornell University spinta dalla sua grande passione per la fisica e la ricerca. L'ingresso degli USA nella Seconda Guerra Mondiale nel 1942 non le consentì però di terminare il dottorato. Nel novembre dello stesso anno iniziò a lavorare per la General Electric (GE) dove sviluppò un metodo per il controllo dell'inquinamento da fumo dai camini delle fabbriche.
Alla fine della guerra entrambi i coniugi furono assunti presso i nuovi laboratori nazionali di Brookhaven sulla fisica degli acceleratori, Hildred più per l'aspetto teorico e John perché aveva acquisito esperienza sui betatroni presso la GE.
Negli anni successivi entrambi fecero parte del team che costruì il primo acceleratore di particelle in grado di accelerare particelle sino a 3 GeV, il Cosmotron, raggiugendo appunto l'energia dei raggi cosmici. Gli anni successivi portarono nuove grandi scoperte nella fisica degli acceleratori. Presso i laboratori di Brookhaven in quegli anni venne sviluppato un nuovo metodo per accelerare particelle ad energie sempre più elevate basato sul principio del focheggiamento forte o gradiente alterno che diede il via al progetto dell'AGS (Alternating Gradient Synchrotron) a cui Hildred partecipò.
Nel 1952, iniziò un'intensa collaborazione fra il gruppo di ricerca di Brookhaven e un gruppo di ricercatori del nascente CERN, con l'idea di costruire in Europa una macchina da 25–30 GeV, basata sul principio del focheggiamento forte: il futuro Proton Synchrotron (PS). Ernest Courant e i due Blewett furono invitati in Europa per partecipare al progetto della nuova macchina. Questa collaborazione fra scienziati americani ed europei portò nel 1953 alla prima conferenza sulla teoria e progetto del PS a Ginevra, dei cui proceeding Hildred fu editor. Nel 1954 fu approvato anche il progetto definitivo dell’AGS da 33 GeV a Brookhaven. Hildred e suo marito parteciparono ad entrambi i progetti, in particolare Hildred lavorò al progetto dei magneti per l'AGS.
Dopo un periodo presso i laboratori di Argonne dove fu responsabile dei rapporti con le persone che utilizzavano i fasci (user), collaborando a migliorare nettamente gli ambienti di lavoro sempre attenta alle esigenze degli "user", Hildred si trasferì al CERN per lavorare ai progetti delle future macchine, il Super Proton Synchrotron (SPS), gli ISR (Intersecting Storage Rings) e il Large Electron Positron Collider (LEP). Organizzò la prima scuola internazionale di fisica degli acceleratori a Erice, che diede origine alla CERN Accelerator School.
Rientrò in Canada dove morì nel 2004. Colleghi e colleghe la ricordano come una donna forte, che amava profondamente il suo mestiere, mentore di molti giovani fisici degli acceleratori, disponibile e attenta alle esigenze di tutti. Svolse un ruolo importante nella progettazione di nuove macchine sia in America sia in Europa.
Memore delle difficoltà nel perseguire la sua passione per la fisica e degli ostacoli incontrati in quanto donna, Hildred Blewett stabilì che alla sua morte l'American Physics Society istituisse, con un suo ingente lascito, una borsa di studio annuale per donne che volessero rientrare nell'ambito della ricerca dopo un'interruzione.


Ginestra Giovene Amaldi

Ginestra Giovene Amaldi (Napoli, 15 luglio 1910–Roma, 22 novembre 1994)
Sezione 7: Didattica e storia della fisica

Ginestra Giovene Amaldi fece parte del gruppo di lavoro che si era costituito intorno a Fermi e a Corbino nell'Istituto di fisica di via Panisperna. Nacque a Napoli il 15 luglio 1910 e si narra che il suo nome fu scelto in omaggio alla famosa poesia leopardiana. La famiglia si trasferì a Roma quando Ginestra era piccola, e nella capitale Ginestra frequentò il Liceo classico "Torquato Tasso" dove si diplomò il 10 ottobre 1927. Nello stesso anno si iscrisse alla Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali dell'Università di Roma dove si laureò il 30 novembre 1931 in fisica con una dissertazione intitolata "Le temperature stellari" e una seconda tesi dal titolo "La teoria quantistica del nucleo atomico".
Nel 1931 ottenne una borsa di studio dal CNR e seguì un corso di specializzazione in radiocomunicazioni. Nello stesso anno iniziò a frequentare, come volontaria, l'Istituto fisico di via Panisperna, nella speranza di ottenere un lavoro come ricercatore, tuttavia il direttore dell'Istituto, Corbino, non vedeva di buon occhio l'ingresso delle donne nell'Istituto. A via Panisperna Ginestra conobbe Edoardo Amaldi, che sposò nel 1933 e da cui ebbe quattro figli, Ugo, Paola, Francesco e Daniela. Nel 1934 iniziò a lavorare presso l’Istituto Nazionale per le Applicazioni del Calcolo (INAC) del CNR e qui collaborò attivamente alla redazione della rivista La Ricerca Scientifica, attraverso la quale contribuì alla diffusione all'estero dei risultati raggiunti dal gruppo di Fermi. Forse proprio dall’esperienza nella redazione di questa rivista nacque la sua passione per la divulgazione scientifica e, lasciato l'INAC, si dedicò a questa nuova attività con lo stesso entusiasmo con cui si era dedicata alla ricerca astronomica e alla fisica delle particelle. Nel 1936 uscì il suo primo libro "Alchimie del nostro tempo", scritto a quattro mani con Laura Capon, moglie di Enrico Fermi, in cui si spiegava al grande pubblico lo sviluppo della concezione atomica dall'antichità sino alle scoperte avvenute all'interno del laboratorio di via Panisperna. Il suo libro più noto, non solo in Italia, "Questo mondo grande e terribile" edito da Garzanti nel 1951 e tradotto in varie lingue, è rivolto ai ragazzi tra i 10 e i 14 anni. Tra il 1950 e il 1960 scrisse numerosi articoli e voci di enciclopedia e in qualità di autrice di testi e di voce narrante collaborò ad una serie di trasmissioni radiofoniche e televisive a carattere didattico.
Ginestra, insieme al marito Edoardo Amaldi, fu anche autrice di una serie di testi di fisica per le scuole superiori editi da Zanichelli, il primo dei quali fu "Elementi di fisica ad uso degli istituti commerciali" dato alle stampe nel 1946.
Ginestra Giovene Amaldi muore a Roma il 22 novembre 1994.